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Il treno

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HOPPER: Carrozza passeggeri

Era una mattina fredda nonostante fosse già marzo, mi strinsi nel cappotto e controllai di aver preso tutto, dopodichè salii in taxi.
Arrivai alla stazione mentre il treno si fermava con un cigolio: da anni aspettavo questo momento e finalmente sarei partita per Parigi. Appoggiai le valigie a terra e frugai nelle tasche alla disperata ricerca dei biglietti. Una volta trovati li porsi al bigliettaio che mi fece salire sul treno che non era certamente dei più sofisticati. Mi accomodai su un sedile molto simile a una poltrona verde brillante. Amavo sedermi vicino al finestrino per osservare il vortice di colori che provocava la velocità del treno, ma mentre fantasticavo non mi accorsi che qualcuno si era seduto accanto a me. Una donna sulla cinquantina mi osservava con aria disinvolta, in testa portava un cappello appariscente di velluto turchese. "Salve" mi disse con un accento fortemente francese.
"Salve"risposi io. La donna era molto bella: i capelli mossi le ricadevano dolcemente sulle spalle e quando sorrideva le si formavano due simpatiche fossette sulle gote. Non sapevo nulla di lei, ma provavo una certa simpatia per quella donna che mi stava accanto, silenziosa.
Ormai il sole scendeva all'orizzonte e il cielo prendeva un colorito rosato. Un cameriere portò la cena piuttosto modesta; presi un piatto di pasta e un bicchiere d'acqua. Mi accorsi che la donna vicina a me non prese nulla e anzi scrutava un punto fisso lontano, con sguardo assorto. Presto divenne buio e le luci del treno si accesero, la stanchezza prese il sopravvento e caddi in un sonno profondo. Mi svegliai perché sentivo delle urla e stetti per un po' ad ascoltare. Il cuore mi rimbalzava in gola e il buio che mi avvolgeva iniziava a spaventarmi. Qualcosa non andava e me ne accorsi perché nel vagone in cui mi trovavo non c'era nessun altro, solo io e il buio. Dov'erano gli altri? Gli urli ripresero, questa volta più agghiaccianti e mi alzai barcollando. All' improvviso qualcuno riaccese le luci e quello che vidi mi fece rabbrividire. Il vagone era distrutto,un uomo con un sigaro in bocca e con aria indagatrice mi scrutava. "Salve signorina, sono l'investigatore Yuman. Si sieda perché ciò che le sto per dire la spaventerà. Lei è l'unica che per miracolo si è salvata dalla tragedia che ha coinvolto il treno su cui si trova…." L'uomo fece una pausa e mi fissò, io tenevo lo sguardo basso, ma riuscivo a percepire il suo che rimaneva fisso su di me. Riprese a parlare: "Vede, qualcuno ha dirottato il treno e le persone che hanno cercato di fuggire sono morte misteriosamente….Lei ha visto o sentito qualcosa di strano?"
"No, mi sono addormentata e poi al mio risveglio..." risposi e iniziai a piangere a dirotto. Il commissario mi lasciò sfogare dopodiché proseguì: "Ora l'accompagneremo a casa: si tenga disponibile nel caso avessimo bisogno del suo aiuto". Detto questo, mi condusse sulla sua auto e nel giro di due ore arrivammo a casa.
Seguii la macchina dell'investigatore con lo sguardo fino a quando non fu più visibile e frugai nella tasca per cercare le chiavi. Camminai sul sentiero che conduceva alla mia villetta pittoresca circondata da aiuole variopinte ed aprii il cancelletto che emise un cigolio. Ero stata via di casa per un giorno,,ma mi sembrava di averla abbandonata da molto tempo. Entrai, accesi la luce e mi lasciai cadere, sfinita, sulla poltroncina del salotto. Rimasi così, immobile, per dieci minuti, dopodiché andai in cucina a prepararmi una tazza di tè e mentre l'acqua bolliva lessi il giornale, che il postino aveva infilato ugualmente nell'uscio del mio cancello. L' orologio segnava mezzanotte, così presi la tazza e mi coricai nel letto.
Quando mi svegliai la mattina seguente avevo un grande mal di testa e così decisi di recarmi a fare una passeggiata nel mio piccolo paese. Mentre rimiravo le vetrine che annunciavano l'arrivo della primavera,vidi una donna dall'aspetto famigliare che camminava a passo veloce lungo la viuzza principale. Mi ci volle poco per capire che quella era la signora che sedeva accanto a me sul treno. La riconobbi perché indossava ancora il cappellino turchese. La fissai e lei ricambiò il mio sguardo, ma il suo volto divenne preoccupato. Cercai di seguirla, ma lei prese una via secondaria e con passo deciso scomparve in una pineta. Perché scappava? Perché era ancora viva se io ero l'unica sopravvissuta? Queste furono le domande che mi posi mentre cercavo l'indirizzo dell'investigatore, stampato a caratteri maiuscoli sul biglietto da visita che mi aveva dato la sera prima. Si alzò un vento gelido che mi sferzava il volto e pregai che Yuman abitasse lì vicino. Dopo aver cercato a destra e a manca e aver pranzato nella locanda di mia zia, trovai la casa dell'investigatore. Era un vecchio casolare e appena entrai nel cortile un cane cominciò ad abbaiare furiosamente. "Buono Wiskhy!!" urlò una voce famigliare. Yuman mi fece accomodare nel suo ufficio. Mi accorsi che era arredato con molto gusto e che i dettagli erano molto curati.
Si accese un sigaro e fece un gesto con la mano per invitarmi a raccontargli il motivo della mia visita. "Stavo passeggiando per il paese quando ho visto la donna che era seduta vicino a me sul treno! Giuro che era proprio lei e appena ha visto che la osservavo è scappata nella pineta dietro il negozio di dolci!!" Mi fermai per vedere la reazione dell'uomo, ma lui rimase in silenzio.
"Com'è esattamente questa donna?" chiese, prendendo una bottiglia di cognac. " È sulla cinquantina, capelli biondo chiaro, occhi celesti molto grandi; portava un cappello di velluto turchese." Risposi tutto d'un fiato e lui mi porse un bicchierino di cognac. Lo bevvi per fargli piacere e mi bruciò la gola."Bene, vedrò che cosa posso fare. Per ora vada a casa tranquilla e poi vedremo." Capii che non mi aveva detto tutto, però feci finta di niente e mi avviai verso l'uscita. "Arrivederci"dissi, ma non ebbi risposta. Quando uscii dal casolare era sera e pensai di essere in tempo per la cena. Il sole stava tramontando e nel giro di una mezz'ora sarebbe diventato buio. Non c'era nessuno e affrettai il passo. Passando davanti al negozio di dolci un'ombra mi si parò davanti impedendomi di avanzare e la paura si impadronì di me. In quel momento si accese il lampione: l'ombra era la donna che ormai conoscevo bene. "Ci rivediamo, peccato che questa sia l'ultima volta!"disse la signora con un ghigno. Nello stesso momento tirò fuori una rivoltella e me la puntò al petto, ma qualcuno si mosse dietro di me e con un balzo disarmò la donna. Tirai un sospiro di sollievo e le gambe mi cedettero. Alla luce del lampione riuscii a vedere in faccia la figura che mi aveva salvata: era l'investigatore Yuman,che stava ammanettando la donna. Gli domandai con un filo di voce:"Come ha fatto a capire che mi avrebbe aggredita?" Lui, ancora ansante, mi rispose con una specie di grugnito:"Perché lei è stata l'autrice dell'attentato e tu potevi essere una testimone pericolosa!!"Ma perché ha ucciso tutte quelle persone?" chiesi sottovoce. "Ci sarà tempo dopo per le domande, ora devo portare Letitia Dupont dalla polizia." Detto questo salì in macchina con Letitia e mi lasciò lì da sola, spaventata e confusa. Pochi giorni dopo mi arrivò una lettera da parte dell'investigatore che mi invitava a casa sua per dei chiarimenti. Così quel pomeriggio andai da lui e mi spiegò che la donna lavorava per un'organizzazione criminale che le aveva commissionato questo incarico che era riuscita a concludere con successo. Seppi anche che Yuman sarebbe partito da lì a poco per Parigi e con mia grande gioia mi propose di accompagnarlo. Non riuscii mai ad esprime la felicità che provai una volta arrivata nella città che avevo sognato fin da bambina. Ora eccomi qua a Parigi e questa è la storia che non smetterò mai di raccontare.



Aggiornato il 18 ott 2012 | isticomomo@genie.it

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